Qual è il valore aggiunto portato da un coach?
Senza la pretesa di misurarlo precisamente, è importante quantificarne il contributo.
E per provarci voglio raccontarti una riflessione saltatami in testa durante uno dei miei allenamenti.
Prima, il contesto.
Mi piace correre e lo faccio almeno quattro volte a settimana da quasi dieci
anni.
Per valutare come corro, mi affido ai numeri. Distanze, tempi, passo al chilometro, cadenza, battito cardiaco e altri dati. Ho corso oltre 15mila km e conosco perfettamente ogni parametro del mio corpo quando lo faccio.
Le zone di lavoro del mio cuore, la frequenza di respirazione. A volte, guardo addirittura anche il tempo di contatto dei miei piedi con il suolo e la lunghezza della falcata.
È un po’ maniaco, OK, ci sta. Ma non riesco a non farci
caso e mi piace molto quando “tutto torna”.
Mi rassicura notare che il mio corpo reagisce come atteso, che i tempi sono giusti, che il cuore batte alla frequenza che è sempre stata.
Il significato che do a tutti questi dati coerenti è: sto bene.
Normalmente corro 40 minuti e percorro in quel tempo poco più di 8 km.
Il passo che mi consente di rilassarmi, non faticare e ricaricarmi è 4 minuti e 50 secondi al
km.
Ho corso centinaia di volte guardando solo il tempo totale e quando sono trascorsi 20 minuti, mi giro e torno indietro lungo la stessa strada. Quel passo, 4:50 / km, viene da lì: correre con naturalezza per un tempo prestabilito.
Finito il contesto, ecco il contenuto.
Qualche giorno fa ho fatto una scelta diversa.
Un quadrante del mio Garmin al polso che non avevo mai utilizzato mi ha permesso di leggere, in tempo
reale, il mio passo durante ogni chilometro. Ogni mille metri, mi mostrava il tempo impiegato a correrli: in pratica, è stato come avere di fianco a te un allenatore, uno che ti segue e ti dice esattamente come stai performando.
Avevo il mio coach.
Accanto a me.
Un riferimento esterno che capace di fornirmi un feedback in tempo reale sul mio comportamento e prevedere i risultati che avrei
avuto.
Mi sono detto allora di provare ad andare un po’ più forte e ho corso un chilometro in 4 minuti e 40 secondi. Dieci secondi più rapido di migliaia di altri chilometri corsi prima. Poi un altro così. E un altro. Era tutto molto facile: il sistema è predittivo e mi informava in ogni momento con quale ritmo avrei chiuso il chilometro in corso. Facilissimo quindi calibrarsi.
Ora, immagina che i battiti del tuo cuore siano come i giri di un motore. Più vai
forte, più salgono. Più il motore è potente (cioè sei ben allenato) più puoi sostenere una certa velocità con meno sforzo.
Alla fine, ho corso 9 km a 4:40 al km e i battiti del mio cuore, mediamente, sono stati gli stessi di quando corro più lentamente. Anche la potenza prodotta è stata la medesima.
In altre parole: ho fatto la stessa fatica, ma sono andato più
veloce. Non sono sensazioni, sono numeri.