La risposta è, neanche a dirlo, dipende.
Se siamo in un ambito di comunicazione efficace, non ci sono deroghe alla solita regola: i responsabili della nostra comunicazione siamo solo noi (sì, la citazione è voluta 😃).
Quindi, se il feedback arriva ed è così strutturato e con questo contenuto, dobbiamo cambiare modalità perché sta a noi non indurre emozioni disfunzionali in chi ci
ascolta (a meno che non sia un effetto cercato per ragioni strategiche, ma non complichiamo).
Se invece - e questo accade per la maggior parte del tempo - siamo in un contesto di comunicazione normale, le cose stanno diversamente.
Infatti non c’è un limite oltre il quale le altre persone non possano spingersi. Potenzialmente, qualsiasi mio modo di guardare può generare qualsiasi reazione in un altro. E qualsiasi mio ragionamento
espresso può far dire a qualcuno “se pensi così allora non mi rispetti.”
Ho incontrato a conferma di tutto ciò alcune persone nella mia esperienza che di proposito affermavano che una mia azione aveva generato un giudizio, ad esempio.
“Tu mi giudichi.”
“Ma no, sto solo esponendo la mia riflessione.”
“E la tua riflessione mi fa sentire
giudicato.”
“…”
Come se ne esce?
Dal punto di vista tecnico e linguistico, bisognerebbe smontare quella che è una equivalenza complessa e dimostrare che ci sono controprovw in cui X non significa Y (ne basta una e l'equivalenza salta).
Ma, complice forse il tempo che passa e la pazienza della gioventù che non ho più, oggi preferisco tagliare corto.
La mia attuale risposta è: “Se
questa mia azione / parola ti fa sentire così, è un problema tutto tuo.”
Da manuale? Sicuramente no.
Elegante? Non direi.
Efficace? Provate, vi stupirete.
Ma ciò che più conta, è che esprimere questa posizione impedisce all’altra persona di manipolare il mio linguaggio o il mio comportamento, che infatti continuo a praticare molto serenamente.
Questo, ribadisco, al di fuori di un contesto di comunicazione
efficace che però, come ricordo sempre nei miei interventi ai corsi, webinar e seminari, è un interruttore che va acceso all’occorrenza e usato con parsimonia, solo quando realmente necessario e, lasciatemi dire ormai, solo con chi davvero lo merita.